Hedda Gabler
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  • 10 Marzo 2013
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di Henrik Ibsen

regia di Alessandro Marinelli

Finalista al concorso nazionale “Maschera D’oro” di Vicenza tra le migliori otto compagnie nazionali.

“Così glam, così assolutamente anticonvenzionale. Tanto bianca, quanto nera. Tanto pura, quanto perversa. Alla ricerca di una perfezione inarrivabile, di un’idea di bello quasi iperuranica. Lo spettacolo Hedda Gabler, portato in scena da Alessandro Marinelli per il Laboratorio Minimo Teatro, parte da una rilettura del capolavoro di Ibsen in chiave “glam rock”; il lavoro sviluppato sul personaggio, lo stravolgimento emotivo che attraversa la protagonista nel momento in cui sceglie di abbandonare un mondo dominato dalla volgarità, rendono la Hedda del Minimo un ottimo esempio di teatro contemporaneo adattato ad un classico. Elisa Maestri è un personaggio da tragedia greca, così forte in ogni espressione di sé, nel dolore, nell’indolenza, nel finto piacere. Un animo dominato dalla frustrazione delle ambizioni negate, che non scende a compromessi, mai. Perché la vita, per Hedda, è un’opera d’arte. E l’arte è arte. O non è niente. Intorno a lei girano personaggi meschini o mediocri: mediocri come Tesman (Marco Armillei) che non è all’altezza della donna che ha sposato, che è troppo semplice per capire il suo bisogno di amore incondizionato e la sua solitudine; come Tea (Chiara Mancini), una ‘donnina’ rispetto ad Hedda ma «capace di tenere un destino in mano» e per questo odiata dalla protagonista. Meschini come il giudice Brack (Pino Presciutti), pronto al ricatto pur di raggiungere i suoi scopi. E poi c’è l’anima tormentata. Dalla passione, dalla consapevolezza di essere soltanto umano. L’unico uomo adatto ad Hedda, capace di sprigionare in lei emozioni e per questo destinato all’infelicità: Lovborg (Mario Gricinella). Forte nel rialzarsi e deciso di nuovo a cadere. Resta allo spettatore, invece, decodificare il ruolo affidato a Maria Grazia Mazzocchi: l’anima nera, l’eros, la tentazione quasi sfacciata che si contrappone alla purezza da infanzia rubata ma mai conclusa di Hedda. Personaggi che ruotano intorno ad una scena algida, fatta dell’opacità del bianco e dello splendore, del riflesso dei neri. Dove è la luce a dettare le regole del gioco, dell’oblio nell’ombra, della dinamicità del ricordo nella luce. Dietro questo specchio dove vengono riflesse l’emozioni umane c’è lo scenografo Pietro Cardarelli. Una scena dove tutto è scandito dal ritmo della musica, colonna sonora di una morte, come recita il sottotitolo dello spettacolo: la musica che accompagna i pensieri, che blocca come in un fermo immagine l’accavallarsi dei sentimenti e dei gesti, che spezza la tensione di un abbraccio. Quindi , chi si appresta ad assistere a questo spettacolo , a fare i conti con questa Hedda Gabler, troverà una donna sempre fedele a se stessa, ma raccontata come solo un visionario come Alessandro Marinelli ha saputo fare.”

da Il Resto del Carlino del 9/05/2010 di Nicoletta Tempera

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